Archivio per luglio 2006

Precisazioni di un “crumiro” (Liberalizzazioni, parte III)

Lo “sciopero” degli avvocati è partito: l’adesione è massiccia, ma non davvero bulgara.
In ogni caso, la riuscita dell’astensione dipende, in ultima analisi, dai Giudici: il magistrato non è tenuto da nessuna norma di legge a rispettare l’astensione degli avvocati, a maggior ragione se non tutte le parti di una causa si astengono.
Così è capitato che certi giudici (per esempio, la Corte d’Appello civile di Venezia) prendessero atto dell’astensione dichiarata anche da tutte le parti in causa e procedessero comunque, sulla scorta del parere della Commissione nazionale per lo sciopero nei servizi essenziali che ha ritenuto non legittima l’astensione per le modalità con cui è stata indetta.
D’altra parte, il Tribunale Ordinario di Venezia, Sezione Distaccata di Portogruaro ha rinviato sic et simpliciter tutte le cause in cui almeno uno degli avvocati avesse dichiarato di astenersi.
A me è successo proprio così: i miei avversari si sono astenuti e i Giudici hanno rinviato, nonostante le mie contrarie richieste.
I miei Clienti non capiscono e si incazzano; e hanno tutte le ragioni.
Ho già detto che non condivido le ragioni di questa protesta, ma si tratta di un’opinione personale valida quanto quella contraria.
Sono le modalità che, invece, mostrano tutta la loro nefandezza e stupisce che gli avvocati — quantomeno, quelli in buona fede, che non scioperano per loro spicciola convenienza — non se ne rendano conto.
In buona sostanza, tranne per un discreto numero di eccezioni (cause di separazione e divorzio, procedimenti cautelari e urgenti, processi penali con detenuti o prossimi alla scadenza dei termini di prescrizione, etc.), l’avvocato che si astiene fa rinviare ad altra data l’udienza che lo vede interessato.
Che conseguenze soffre l’avvocato in prima persona a causa di tanto?
Nessuna: a differenza dei dipendenti, che perdono una parte del loro stipendio per ogni giornata di sciopero che effettuano, l’avvocato non patisce alcun impoverimento (anzi, non so quanti avvocati non addebiteranno comunque al loro cliente le competenze per la “partecipazione astensiva” all’udienza); in compenso, il cliente vedrà allungarsi di qualche mese la durata già insopportabilmente lunga del suo processo.
Cosicché, gli avvocati scioperano e i loro clienti ne pagano il prezzo.
Alla faccia del dovere di fedeltà al cliente che, al di là degli impegni contrattuali assunti dall’avvocato, è posto fra i primissimi nel Codice Deontologico forense!
D’altra parte, l’avvocato che riuscisse comunque a far svolgere l’udienza rischierebbe una sanzione disciplinare per non aver osservato il dovere di colleganza, nonostante i principi deontologici stabiliscano che il dovere di colleganza debba cedere di fronte al dovere di fedeltà!
Non che non ci siano, intendiamoci, validissime ragioni di protesta: la Giustizia italiana è allo sfascio totale, e i tagli contenuti nel decreto Bersani non faranno che darle il colpo di grazia; ma non ricordo negli ultimi anni analoghe, vibranti iniziative di protesta da parte dell’avvocatura italiana.
Non c’è che dire, quindi: questa protesta è un vero e proprio capolavoro di ipocrisia, anche perché non esercita nessuna efficace pressione sul Governo, che non ha quindi alcun concreto motivo per tornare sulle proprie decisioni (e, se hanno un po’ di palle, non lo faranno).
Faccio, perciò, una promessa: non aderirò mai più ad astensioni di tal fatta; se e quando, invece, si deciderà di protestare come si deve — cioè occupando i tribunali e impedendo lo svolgersi di ogni attività, così da andare tutti sotto processo per interruzione di pubblico servizio (art. 331 C.P.: è un reato punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa da € 516,00 a € 5.164,00) — allora non mi tirerò indietro e sarò con i miei colleghi a rischiare in prima persona per difendere ideali e valori in cui credo.
Mi vergogno un po’, tuttavia, per aver fatto una promessa che so già che non sarò mai chiamato a mantenere.

A Berlino… va bene!

Campioni del Mondo!
Campioni del Mondo!
Campioni del Mondo!
Campioni del Mondo!
Madrid 1982: Sandro Pertini.
Berlino 2006: Giorgio Napolitano.
Siccome pare che non si possa fare a meno di cercare occulte corrispondenze, dopo la “regola del 12” (l’Italia in finale ai Mondiali di calcio ogni dodici anni) si profila un altro must: perché si vinca, ci vuole in tribuna un Presidente della Repubblica di sinistra.
Ora, considerando che il Presidente della Repubblica resta in carica per sette anni, due sono le considerazioni da fare:
1) capitasse mai di sfatare la regola del 12, cosicché fra quattro anni l’Italia fosse nuovamente in finale, è il caso che il Presidente Napolitano si tenga in buona salute e pronto a farsi un viaggetto anche in Sudafrica (sede dei prossimi Mondiali: ammesso di riuscire a qualificarsi, dato che la Nazionale campione in carica non è ammessa di diritto; boh!);
2) persistesse la regola del 12, il Parlamento è avvisato: fra sette anni occorre eleggere un altro comunista…

Io, “crumiro” (Liberalizzazioni, parte II)

L’Assemblea generale degli Ordini Forensi ha proclamato l’astensione degli avvocati dalle udienze avanti gli organi giudiziari (l’equivalente di uno sciopero) per il periodo compreso fra il 10 e il 21 luglio prossimi.
Ciò, per protestare contro il decreto legge n. 223/2006 (c.d. “decreto Bersani”), foriero — a detta del Consiglio Nazionale Forense — di pericolosissime conseguenze per i cittadini (aumento indiscriminato dei costi dell’accesso alla Giustizia e altre piacevolezze).
In realtà, il decreto Bersani non elimina le tariffe forensi ma solo l’obbligatorietà e inderogabilità del minimo (per cui l’avvocato non poteva, prima del decreto, praticare prezzi inferiori ai minimi tariffari, sotto pena di sanzioni disciplinari).
Ora, se pur ciò non avrà alcun effetto migliorativo sulla situazione preagonica della Giustizia italiana, è quantomeno sospetta la coincidenza di un’agitazione tanto forte degli avvocati proprio nel momento in cui vengono toccate da vicino le sinecure e le rendite di posizione della corporazione forense.
In altre parole: Colleghi, io lo sciopero per basse ragioni di bottega non intendo farlo.
La Giustizia è sfasciata soprattutto per queste (fra le altre) ragioni:
1) endemica carenza di risorse, umane (magistrati e altri addetti) come materiali (sedi, arredi, apparecchiature informatiche, generi di consumo tipo articoli di cancelleria, carta etc.);
2) generale scadimento del livello tecnico, sia tra i giudici (anche per via del massiccio ricorso ai giudici onorari e non professionali) sia tra gli avvocati (soprattutto le nuove leve, ma pure certi “vecchi” non scherzano…).
Per tali ragioni, l’Avvocatura avrebbe dovuto scendere in piazza molto tempo fa.
Avrei accettato di scioperare se l’Avvocatura avesse richiesto (e non da ieri) un serio e fattivo intervento del Governo per una Giustizia efficiente e degna di questo nome: per esempio, una Giustizia che non richieda dieci anni di media per definire una controversia civile o un processo penale (ci sarebbero poi altre patologie non meno gravi, ma questa è sotto gli occhi di tutti e non opinabile).
Ho già accennato in precedenza alle dicerie secondo cui il decreto Bersani sarebbe diretto a punire le categorie vicine alla passata maggioranza di governo: considerato che il centrodestra aveva portato al Parlamento parecchie decine di avvocati, e che costoro, una volta lì, nulla hanno fatto per migliorare la situazione generale, ma si sono occupati solo di sé e dei loro clienti, beh allora la “punizione” è sacrosanta e meritata.
Al di là delle belle parole, i fatti — anche pregressi — svelano tutta l’ipocrisia della corporazione forense, che in concreto svilisce ulteriormente i valori che a parole pretenderebbe di tutelare.
E allora, siamo chiari: Colleghi, i Tribunali si bloccano, e a oltranza, perché funzionano da schifo, non per difendere i minimi tariffari (tanto, la sensazione è che già da prima fossero in tanti a non rispettarli, e senza nessuna conseguenza…).
Datemi pure del “crumiro”, ma io, in quei giorni, le mie quattro causette andrò a discuterle, anche perché dei ritardi che l’astensione provocherà non ne soffriranno certo gli avvocati ma solo i loro clienti (per i quali un giorno d’astensione significa alcuni mesi di causa in più…).
Quando saranno indette serie, autentiche e degne iniziative di lotta e di protesta, sarò in prima fila; fino ad allora, continuerò a fare l’avvocato.

Verso Berlino…

Prodi in tribuna allo stadio di Dortmund e l’Italia raggiunge con merito la finale del Campionato del Mondo di calcio.
Regnante Berlusconi, la Nazionale era stata eliminata con onta in Corea (Mondiali 2002) e in Portogallo (Europei 2004).
Considerato quanto successo nel mondo durante il precedente governo (2001-2006, 11 settembre incluso), non sarà magari solo l’ennesimo indizio che il Cavaliere, in realtà, porta nera?
Rimane, per ora, senza conferma la voce secondo cui, al fischio finale della partita, il Cavalier B. sia stato sentito esclamare: “
Ciumbia! vuoi vedere che anche Dio è comunista?!”

Un tardivo adempimento

Sin da quando è uscito “L’elenco telefonico di Atlantide” ho impudentemente fatto sapere a Tullio Avoledo cosa pensavo dei suoi romanzi: si deve alla sua innata bonomia e gentilezza se ho ancora le dita per pestare sui tasti del mio PC.
Povero Avoledo! Neanche il tempo di godersi l’aroma dell’inchiostro fresco di stampa sulle sue copie d’autore che — ping! — Outlook Express gli notificava la mia e-mail di attenta, ponderata e mai del tutto elogiativa critica (avesse usato invece Mozilla Thunderbird, il filtro
antispam incorporato avrebbe automaticamente cestinato i miei messaggi, così consentendogli di andare a letto senza che nulla avesse potuto turbare la sua meritata serata in famiglia).
Qualche mese fa, in occasione del mio compleanno (non vi dirò mai il numero!), mia figlia mi ha regalato l’ultimo romanzo di Tullio Avoledo, “Tre sono le cose misteriose” (Einaudi) (tra l’altro, battendomi due volte sul tempo, perché non solo non l’avevo già comprato, ma manco sapevo che fosse uscito!).
Ebbene, come mi aveva annunciato in una delle sue sempre cortesi risposte, questa volta gli è riuscito bene anche il finale.
Da mesi, periodicamente, mi ripeto: “Bisogna che scriva ad Avoledo e glielo dica”; qualche volte vario il tema e mi propongo di farglielo sapere di persona, magari davanti a un caffè, quando mi capita di passare dalle sue parti (oh, me l’ha proposto lui, una vita fa…).
Chissà se leggerà mai questo post: proverò a mandargli il link via e-mail (sperando che nel frattempo non sia davvero passato a Thunderbird…).

La minoranza del neurone (parte I di …?)

Da la Repubblica del 3 luglio 2006, pagina 25: “Chi cerca risposte nella destra non vuole un richiamo ai diritti delle minoranze, a partire da quella degli omosessuali”.
Ipse dixit Alfredo Talebano, pardon Mantovano, ex (per fortuna) sottosegretario nel fu Governo Berlusconi e attualmente (purtroppo!) S
enatore della Repubblica eletto (per così dire: ricordate la porcata della nostra ultima legge elettorale?) nelle squadre, ri-pardon fila di Alleanza Nazionale.
Tutto considerato, meglio che uno così sia finito al Senato piuttosto che rimanere in magistratura, dove chissà quali malanni avrebbe potuto combinare con una simile concezione del diritto e dei diritti.
Senza scomodare Freud, la psicanalisi in generale e le più note teorie che spiegano l’omofobia (avete mai fatto caso come il senatore Talebano sia anni luce lontano dal
look’n’feel “maschiale” di certi suoi kamaraden tipo Francesco Storace, altro non rimpianto capatàz destrissimo contrabbandatoci dal Cavalier B.?), è sconcertante vedere quanto la destra sia ossessionata (e terrorizzata, invero) dall’argomento omosessualità, quasi che l’orientamento sessuale di una persona fosse come l’influenza, che se solo uno ti respira vicino, paf! eccoti culattone pure tu!
Ma insomma, possibile che certa gente non riesca a trovare categorie più serie per segnare un senso di appartenenza? Ma credete per davvero che uno sia solo per come e/o con chi fa l’amore?
D’altronde, l’equivoco è ricorrente, frequente e, in fondo, inevitabile se uno usa le proprie gonadi per pensare, anziché il cervello.
O che non sia solo un’altra frustrazione del tipo “vorrei-ma-non-posso”?
Non che l’atteggiamento nei confronti delle minoranze sia meno inquietante; roba sinistramente — absit iniuria verbis — già sentita:
ebrei, zingari, omosessuali, comunisti, tutte minoranze, tutte finite laddove “il lavoro rende liberi”.
Senatore Talebano, questa volta è Lei a essere finito in minoranza: Le va di lusso che dall’altra parte sia abbastanza radicato il convincimento che la tutela delle minoranze (anche di quelle perniciose) sia uno dei fondamenti della democrazia.
Eppure, senatore Talebano, si lasci dire che sbaglia a non dare ascolto alle minoranze: cominciasse da quelle che Le sono più prossime — per esempio, i Suoi neuroni — potrebbe risparmiare a Lei ma soprattutto a noi e all’universo mondo consimili, sesquipedali, meschine, odiose ca…te (© Trio Medusa/Le Iene per l’ultima parola).

Liberalizzazioni & (pretesi) liberali

Un mio amico (avvocato pure lui, ma di destra) mi chiede un commento alla recentissima iniziativa del Governo di abolire (fra l’altro) l’obbligatorietà dei minimi tariffari per gli avvocati.
In soldoni: se fino a ora gli avvocati non potevano farsi pagare per il loro lavoro meno di quanto stabilito nelle tariffe ufficiali, adesso questo limite non esiste più.
La questione è vexata assai, e non da ieri; al riguardo, si è detto e scritto tutto e il suo contrario.
Personalmente, non ho nulla da dire, per ora: preferisco attendere che l’intenzione si tramuti in legge effettiva, e che inizi a produrre le sue prime conseguenze concrete; allora, potrò farmene un’idea precisa e decidere se lo ritengo un fatto positivo o negativo.
Fin d’ora, tuttavia, potrei dire che l’abolizione dei minimi non mi tocca granché: tanto, raramente mi è capitato di applicarli.
Con ciò, non voglio dire di essere particolarmente esoso: semplicemente, ritengo che un avvocato dovrebbe farsi pagare per quanto ritiene di valere e — soprattutto — per quanto gli costa finanziare la propria organizzazione professionale.
È chiaro che un sacco di avvocati adesso potranno farsi la guerra a chi chiede il prezzo più basso per una determinata causa: ma quanto realmente si impegneranno per restituire al cliente un servizio di qualità?
Dietro al lavoro di un avvocato ci sono un sacco di costi di cui i clienti o i non addetti ai lavori in generale non si rendono conto: personale dipendente, collaboratori, attrezzature (computer, telefoni, telefax, fotocopiatrici etc.), strumenti di aggiornamento professionale (libri, riviste, banche dati etc.).
Più un avvocato tenga a rendere un servizio qualitativamente eccellente, tanto più dovrà spendere per dotarsi del necessario allo scopo.
E allora, da qualche parte i soldi da spendere per tutto questo dovrà pur trovarli; o no?
È un po’ come i prodotti made in China: costano poco, pochissimo, è vero; ma quanto valgono? Quanto sono sicuri per il consumatore?
Quanto può valere un avvocato che accetta di farsi pagare poco, pochissimo, pur di “vendere” i propri “servizi”?
Qualcosa di buono questa riforma lo mostra fin da subito: se non altro, le mezze calze forensi non potranno più legittimamente pretendere il minimo garantito (che per il loro lavoro era effettivamente troppo).
Piuttosto, le reazioni che l’annuncio della riforma ha scatenato ce la dicono, e lunga, sui pretesi liberali della destra italiana: cioè che il vero liberalismo sta di casa da un’altra parte (mentre a destra sono ancora a rimpiangere il sistema corporativo di ducesca memoria).
Si è anche sentito affermare che le categorie “colpite” dalla riforma Bersani siano tradizionalmente vicine alla destra, cosicché si tratterebbe di una riforma “punitiva e vendicativa”.
Può darsi: se “punisce” le rendite di posizione e “vendica” i consumatori tartassati, ben vengano dieci, cento, mille di queste riforme!
Cribbio, ci voleva un governo di (centro)sinistra per fare qualcosa di (vera) destra!


L’Altro Nome di Robin

Blog Stats

  • 11.930 hits